lunedì 14 dicembre 2009

Ángel o demone?

Mentre in Italia celebriamo - si fa per dire - la condanna per associazione a delinquere di Antonio Giraudo e, per estensione, di una fetta significativa di storia juventina, in Spagna si fa un gran parlare del cosiddetto "villarato". "Villarato" è l'etichetta giornalistica (brevettata dal quotidiano "As") che indica il ventennio abbondante di Ángel María Villar alla guida della RFEF, la Federcalcio spagnola. Sei mandati consecutivi che hanno via via accresciuto il suo potere, un grumo canceroso di clientelismo, amicizie interessate e viscosa complicità con la politica.
Naturalmente nessuno si scandalizzerebbe per simili inezie se il "villarato" non invadesse, nelle sue (presunte)ramificazioni, il territorio scivolosissimo del tifo. A Madrid, in particolare, si sostiene con un certo fervore la tesi secondo cui Ángel María Villar (che è anche membro dell'esecutivo Uefa), avendo Joan Laporta tra i suoi grandi elettori, non sarebbe - diciamo così - troppo ostile al Barcellona, cui garantirebbe arbitraggi compiacenti e favori "à la carte" (vedi il famoso - e tuttora impunito - episodio della testa di maiale in campo). Ultimo caso, quello di sabato scorso, quando Iturralde González ha concesso al Barça un rigore piuttosto creativo, se così si può definire l'innocuo palpeggiamento di Baena dell'Espanyol sui fianchi di Xavi.
Sia detto a mo' di premessa che Iturralde González è un arbitro straordinariamente mediocre e inutilmente autoritario, come da lunga tradizione ispana (ricordate López Nieto?). Sia detto anche che con il rigore dell'altra sera Iturralde ha superato il record di penalty concessi nella Liga, fatto che spiegherebbe ampiamente l'impazienza con cui ha indicato il dischetto come se fosse quel gesto, e non altro, il numero che tutto il pubblico - il "suo" pubblico - attendeva.
Sia detto infine che alcuni arbitri - fra cui lo stesso Iturralde - non sono certo insensibili al bello e, di fronte a squadre come il Barça, fischiano guidati più dal senso estetico che da quello di giustizia.
Tutto ciò premesso e ribadito, riuscite a immaginare che il presidente della Federcalcio possa tramare contro la squadra più potente di Spagna? Credete davvero che il club che rappresenta la maggioranza assoluta dei tifosi e che fa la parte del leone nei diritti tivù lascerebbe governare l'opposizione contro i suoi stessi interessi? Pensate che Villar avrebbe potuto stare tutto questo tempo assiso sul trono della Federcalcio senza mai dover rendere conto del suo operato alla "casa Real" e a tutti i suoi sudditi? E ancora: se davvero gli arbitri favoriscono il Barça e penalizzano il Real, perché non aiutano anche tutti gli altri club che coi voti dei loro presidenti contribuiscono, ogni quattro anni, a far rieleggere Villar?
Lascio queste domande al vostro giudizio. Io rimango imparziale. Sono o non sono l'arbitro?

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Questo non è un blog. È un bar. Un bar piccolo, spoglio, zozzo e fumoso situato all’estrema periferia di una città di periferia. Nulla, a cominciare dalla faccia del barista, contribuisce a restituire l’immagine di un luogo accogliente. La provincia è piena, di posti così, dove non ti verrebbe voglia di entrare nemmeno per chiedere un bicchere d’acqua. E tuttavia, se provate a cancellare la prima impressione senza cedere all’istinto di passare oltre, sono sicuro che non ve ne pentirete. Dentro troverete le due cose per cui andrebbe giudicato un bar: il miglior fútbol dell’emisfero nord e ottime chiacchiere. La qualità del fútbol purtroppo non è merito mio. Quella delle chiacchiere spero di sì. Tutto dipende da quanto mi saprete stimolare.