mercoledì 3 marzo 2010

Non pronunciare il nome di Diaz invano

Si ricorda che la bestemmia è reato. Non più su tram e autobus urbani (dal 1999 è stata derubricata a illecito amministrativo), ma sì sui campi di calcio del Belpaese, dove da oggi pronunciare il nome di Dio invano comporterà, per i colpevoli, l’espulsione con cartellino rosso diretto. Si ignora se il concetto di bestemmia riguardi solo le divinità cattoliche, che notoriamente solo molto più numerose delle tre fissate a suo tempo dal Concilio di Nicea, o se invece vada esteso anche ad Allah, a Visnù e agli «dei falsi e bugiardi» che gremiscono le gradinate dell’Olimpo (e giovedì sera anche dell’Olimpico: sapreste spiegare altrimenti la rimonta del Panathinaikos?). Di sicuro la misura pare un tantino sproporzionata rispetto all’impunità che viene tuttora garantita a certe entrate a tacchetti spiegati alle quali persino il codice penale starebbe stretto.
L’aspetto più discutibile della questione è però un altro. La norma varata dalla FIGC prevede infatti che i bestemmiatori possano essere individuati anche tramite la prova tivù. Sembra un dettaglio, invece è giurisprudenza. Si tratta infatti del primo caso in Italia, forse addirittura al mondo, in cui si dà valore di prova alla lettura del labiale di una persona.
Non sfuggirà l’ironia del caso: mentre si discute una legge che vuole limitare o addirittura abolire le intercettazioni telefoniche come strumento di indagine, se ne approva un’altra – sia pure solo in ambito calcistico – che si affida a un mezzo molto meno attendibile per stabilire la colpevolezza di qualcuno. Il caso-Buffon insegna: quale telecamera, quale tivù HD, quale tecnologia a tre dimensioni avrebbe infatti potuto stabilire con certezza se il numero uno azzurro, dopo il «porco» di prammatica, aveva pronunciato il nome di Dio o quello di suo “zio”? Nessuna: il suono della “d” e quello della “z”, ve lo può confermare qualunque linguista, si pronunciano infatti esattamente nello stesso punto del cavo orale (all’altezza degli alveoli dentali) e nemmeno una webcam installata sulla lingua sarebbe in grado di dirimere casi analoghi. A meno che si voglia punire anche l’intenzione. Ma in questo caso soltanto Legrottaglie riuscirebbe a finire le partite. Forse, ripensandoci, neppure lui.

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