mercoledì 10 marzo 2010

in morte di un ecomostro

So che non fa fine tifare contro, ma in questi tempi astiosi e imperfetti veder perdere il Real Madrid (e il Milan, e l'Inter, e la Juve...) è una delle poche cose capaci di regalarmi ancora qualche momento di buon umore. Dirò di più: quando ieri sera Pjanic ha infilato Casillas, ho provato la stessa vertigine di piacere che mi invade quando vedo in tivù le immagini di un ecomostro che si accartoccia su sé stesso.
La similitudine non è ovviamente casuale. Come tutti gli ecomostri, infatti, il Real Madrid è antiecologico (quattro giocatori del vivaio in organico contro gli undici del Barça), inutilmente costoso e complessivamente brutto. Non ingannino le messinscene sfarzose, la maestosità dell'opera, gli scorci di bel gioco. È tutto il complesso che è di un kitsch da far spavento, e solo chi ci abita dentro - dipendenti, giocatori, tifosi - non se ne rende conto. Non a caso il vero artefice dello "scheletrone" non è il colto ingegner Manuel Pellegrini, a cui non hanno lasciato nemmeno disegnare le fondamenta, ma uno che di mestiere va a stuprare le campagne intorno a Madrid per costruirci dei palazzoni che stanno in piedi a malapena e che nessuno compra: Florentino Pérez.
Avete mai notato come opera sul mercato questo signore? A un certo punto dell'anno dice: mi piace il tal giocatore. I giornali lo fiancheggiano, le banche lo appoggiano, la piazza lo osanna e a un certo punto sembra quasi che opporsi al suo volere sia come opporsi al mercato stesso, al progresso, al futuro. Il risultato è che, alla fine, la controparte è costretta ad arrendersi, come sospinta indietro da una corrente inarrestabile. I suoi non sono acquisti, sono espropri. E come tutti gli espropri lasciano intorno a sé un mesto panorama di desolazione umana e sociale. Perché se comprare Kakà o Cristiano Ronaldo servisse, oltre che a vendere magliette e speranze, a rilanciare il movimento calcistico del paese, a stimolare la concorrenza interna, magari anche a vincere qualcosa in Europa proiettando riverberi di gloria su tutto il calcio spagnolo, almeno sarebbero soldi spesi non del tutto invano. Invece niente. Il Real è sempre più ricco e potente, ma di una potenza che si sprigiona solo in Spagna, dove la concorrenza - quella sportiva, e soprattutto quella economica - è ormai annichilita; al contrario che in Europa, dove da sei anni a questa parte va a cozzare contro avversarie di un livello a cui, salvo Barcellona, Siviglia e Valencia, non è più abituato.
Per tornare a vincere, insomma, il Real avrebbe bisogno di ricominciare dalla base, di non avere fretta, di puntare sulla sostenibilità del chilometro zero, di pensare più slow. Invece mi sa tanto che la prossima estate saremo di nuovo qui a commentare il nuovo ecomostro di Florentino.


(nelle immagini, un particolare del gol di Pjanic)

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